il mondo in due righe
Quest’estate diversi compagni hanno subito le indesiderate attenzioni dei repressori, con le operazioni Ardire (13 giugno), Mangiafuoco (8 agosto), Ixodidae (27 agosto) e Thor (1 settembre). Ci sono poi i cinque condannati in via definitiva per i fatti di Genova del 2001 e Gai e Cospito, arrestati a Torino per l’azzoppamento del dirigente Ansaldo. Qui trovate l’elenco aggiornato dei compagni attualmente sequestrati dallo stato italiano e i dati della cassa di solidarietà.
Fra i numerosi compagni in galera, c’è anche Massimo Passamani, di Rovereto, arrestato nell’ambito di un’operazione chiamata «Zecche dure» (in latino però, perché alla questura di Trento sono stupidi e fascisti, ma le ricerche su Wikipedia le sanno fare). Registriamo come in tempi di crisi e di debito pubblico galoppante, lo stato vanti per quest’azione repressiva il dispiegamento di un apparato di controllo abnorme: «150.000 intercettazioni telefoniche, 10.000 ambientali, 12.000 foto e 100.000 ore spese ad osservare video e controllare GPS».
Pubblichiamo di seguito una lettera di Massimo dal carcere.
IL MONDO IN DUE RIGHE
A volte, certi episodi minuti hanno per noi la forza di una metafora sul mondo.
Nei giorni scorsi ho ricevuto molti telegrammi, sia di compagni sia di altri che compagni non sono o non si definiscono. Poche righe, come la forma impone, generalmente due.
Eppure in quelle righe c’è un mondo, il nostro mondo. Parole di libertà, di solidarietà, di sogno, di ironia, di amore. Parole che rincuorano, fanno ridere, commuovono. Parole magiche, perché rendono presente l’assenza. Alludono alle lotte, a galere che saltano in aria, ad affetti che non si spezzano; alla vita per cui ci battiamo.
Una sera, in isolamento, sentiamo i detenuti delle altre sezioni battere sulle sbarre e urlare – le urla di sempre, “libertà”, “amnistia”…
Anche noi, pochi, decidiamo di unirci alla battitura. E’ il minimo. E urliamo non solo la libertà, ma anche il nome di un ragazzo, a noi sconosciuto, morto il giorno stesso, impiccato in un carcere a una quarantina di chilometri da quello in cui siamo rinchiusi.
Dopo un po’, arriva la guardia e ci dice semplicemente: “Adesso scrivo due righe!!” “Due righe”, nel gergo del secondino, significano un rapporto disciplinare. Anche quelle due righe, così come i telegrammi, contengono un mondo intero. Di meschinità, di servilismo, di potere. Con due semplici righe, una prigionia si può allungare. Ed è in fondo poca cosa. Ma con due righe altre vite vengono spezzate. Degli individui, in altre parti della città e del mondo, vengono espulsi, cacciati, cancellati, condannati a morte. In altre epoche, finivano in una nuvola di gas, o sotto la neve, o davanti a un plotone di esecuzione, o su isole lontane.
Ripeto mentalmente qualche frase dei telegrammi, e penso che aveva proprio ragione Stig Dagerman: “Chi costruisce prigioni si esprime sempre meno bene di chi costruisce la libertà”. Poi torno a battere e a urlare, assieme ai miei fratelli.
Massimo
(scritto nel carcere di Tolmezzo il 30 agosto 2012)